ANNO 14 n° 119
Peperino&Co. Terme, occasioni sprecate e buoni propositi
di Andrea Bentivegna
23/01/2016 - 02:01

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Fu Ercole con la sua forza sovraumana a piantare il pesantissimo palo che spaccò il terreno facendo così sgorgare il getto d’acqua bollente dal quale nacque il Bullicame. Questo almeno è ciò che ci narra la mitologia.

La storia, quella documentata, ci racconta come già gli antichi romani, veri fanatici delle terme, scoprirono e apprezzarono le calde acque viterbesi. Pare infatti che, dalle nostre parti, lungo la via Cassia, fossero ben diciotto gli stabilimenti termali in epoca antica. Successivamente, nel medioevo prima e nel rinascimento poi, furono molti altri ad apprezzare le proprietà terapeutiche dei fanghi viterbesi. Molti i Papi, da Gregorio IX a Bonifacio IX fino a Niccolò V che a lungo curò i suoi malanni dalle nostre parti ed arrivò persino a commissionare al famoso Bernanrdo Rossellino -l’architetto che progettò la splendida Pienza per intenderci- di costruire un grande edificio termale in quei luoghi. Non se ne fece nulla. E, in effetti, la storia del termalismo a Viterbo è spesso una storia di occasioni perse.

Dall’Ottocento, quando cioè anche in Italia iniziò ad affermarsi la ''villeggiatura termale'' e nacquero i primi centri dedicati come a Montecatini e Chianciano, vengono formulate anche per Viterbo le prime, ambiziose, proposte con finalità turistiche. Nel 1886 Romolo Pizzini elaborò un semplice progetto di ampliamento, mentre nel 1919 sarà l’ingegner Torquato Cristofori a proporre un articolato piano per rendere la città oltre che dei Papi anche delle Terme, ipotizzando la costruzione di un grande albergo da mille posti letto collegato da un grande viale signorile al centro della città.

Quarant’anni più tardi Rodolfo Salcini, chiamato a redigere il nuovo piano regolatore cittadino, immagina, sulla scia della proposta Cristofori, un vero polo termale, con diverse funzioni ospitate in moderni edifici.

Come sappiamo anche queste suggestioni rimasero sulla carta e il sogno di rendere Viterbo un grande polo termale strutturato e competitivo fu ancora una volta accantonato. Oggi, finalmente, sembra, almeno stando alle dichiarazioni di questi ultimissimi giorni, aprirsi una nuova opportunità. Sarebbe ora. E pensare che, anche in anni recenti, sono state tante le proposte valide, almeno sul piano architettonico, per il rilancio soprattutto delle ex terme Inps, quel complesso ancora oggi visibile, nato in epoca fascista come strutture termali per il dopolavoro e passato, nel dopoguerra, all'istituto di Previdenza Sociale.

Tanti progetti, studi, tesi di laurea hanno riguardato, nell’ultimo periodo, proprio questo sito, considerato strategico per il termalismo viterbese e colpevolmente abbandonato da anni. A dimostrazione di ciò vorrei portare come esempio una tesi di laurea alla facoltà di Architettura de La Sapienza-Valle Giulia. Risale a pochissimi anni fa e porta la firma di una studentessa viterbese, Marta Montori, che studiò proprio il tema del recupero di questo complesso e la sua trasformazione non solo in un centro per il benessere ma anche in una cittadella sanitaria per la cura di molti tipi di malattie.

L’idea di progetto era semplice e funzionale: l’attuale complesso delle terme Inps sarebbe diventato un hotel. Al piano terra il ristorante, la reception e tutti i servizi, al piano superiore le camere mentre al piano interrato sarebbe iniziato il percorso termale vero e proprio con la zona dedicata ai fanghi e da lì un tunnel, vero trait d’union tra vecchio e nuovo, avrebbe condotto ai nuovi edifici. Qui un sistema di percorsi termali, vasche, spa ma anche ambulatori e centri per la cura avrebbe garantito una vasta gamma di trattamenti a contatto con le benefiche acque ma anche immersi nella verde campagna con lo sguardo che avrebbe spaziato verso la valle dell’Urcionio e le rovine dell’antico ponte Camillario.

Un esempio, questo progetto, come anche altri del resto, delle potenzialità enormi ed inespresse del termalismo nostrano che potrebbe ragionevolmente porsi come obiettivo quello di divenire riferimento a livello nazionale portando a Viterbo benefici pari a quelli prodotti dalle proprietà terapeutiche delle sue acque.





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